Come ti informi dopo la laurea?

Come ti informi dopo la laurea?

Si parla tanto di EBP, ma esattamente che vuol dire? E come si colloca nell’ambito delle ricerche scientifiche? E come può un fisioterapista trarne utilità senza perdersi nei meandri di milioni di articoli scientifici? Scopriamolo insieme.

Introduzione

La professione del Fisioterapista, anche all’Università, è piena di scienza. Non a caso il test d’ingresso è così pieno di materie scientifiche.

E come si sente dire spesso, dopo la laurea continui a studiare per tutta la vita (ma fortunatamente non c’è bisogno di farlo con lo stesso impegno e la stessa minuzia di particolari).

Anzi, soprattutto quando diventi un professionista sanitario, diciamo che non hai scelta: sei obbligato a tenerti aggiornato. L’obbligo è quello di accumulare un certo numero di crediti formativi ogni triennio.

Esatto, proprio come i crediti all’università, ma questi si chiamano crediti ECM (sigla che sta per Educazione Continua in Medicina).

L’articolo di oggi non è sugli ECM (arriverà una guida più avanti - Aggiornamento: eccola qui), ma è su quel tipo di studio che non ti obbliga nessuno a fare.

In che senso?

Spesso ti troverai davanti un nuovo paziente con una problematica che conosci perché l’hai studiata all’università, ma che non hai mai trattato in prima persona o che non ricordi benissimo.

In questo caso nessuno ti costringe a studiare. Puoi semplicemente condurre un trattamento che hai usato su pazienti con problematiche simili, che se vogliamo è una forma di improvvisazione.

Ma improvvisare è la cosa più scientifica e professionale da fare?

A volte improvvisando si possono scoprire cose nuove, ma sia chiaro: scoprire cose nuove non è il nostro lavoro.

Se hai tra le mani la responsabilità della salute di un paziente, meglio utilizzare le migliori evidenze scientifiche che ci sono al momento e seguire le linee guida.

Solamente che per usarle bisogna prima conoscerle (e quindi studiarle).

E oggi è un po’ quello che ci chiediamo: come si studia dopo essersi laureati? Come si resta al passo con le novità per diventare professionisti sempre migliori?

Studiare dopo la laurea

A parte i già citati corsi per ottenere ECM e i corsi di specializzazione che tutti i fisioterapisti fanno ogni tanto, nella vita lavorativa di tutti i giorni ci ritroviamo a dover informarci su un determinato argomento per risolvere un determinato problema.

Secondo me questo approccio è quello che ti fa imparare di più, perché le cose ti restano impresse meglio avendole applicate in uno scenario pratico. Che intendo?

Spesso in preda all’ansia o ai sensi di colpa ci mettiamo a studiare così, tanto per, in un modo un po’ fine a sé stesso. A volta capita perché dalla laurea è passato un po’ di tempo, e sentiamo una sorta di appiattimento intellettivo che ci spinge a pensare che non siamo dei bravi professionisti.

Sia chiaro: l’Università è quasi tutta uno studiare cose senza aver modo di applicarle. Ma deve essere così, è giusto che ci sia una fase di training. Se sei all’università questo discorso ti sembrerà un po’ difficile da comprendere, ma prova ad immedesimarti nel te del futuro che si è laureata/o e lavora.

Questa cosa capita sempre quando ti arriva un paziente con un problema che all’Università conoscevi benissimo, e ora non ti ricordi affatto.

La verità è che il cervello - per lavorare in modo più efficiente - conserva in magazzino i concetti che usiamo meno, lasciando quelli più freschi sugli scaffali a disposizione della memoria.

Quindi, che si fa?

Riprendere i libri universitari

Una prima soluzione è quella di andare a ripetere sui libri (o sugli appunti/slide) universitari.

Dai quei libri ci abbiamo già studiato, quindi sarà più semplice rinfrescare i concetti. Aver già letto quelle frasi, la disposizione degli argomenti sulla pagina, ma anche elementi secondari come il carattere e i colori delle scritte è come tornare a casa dalle vacanze e avere la sensazione di non essersene mai andati.

Certo, non è un metodo perfetto.

Anzitutto funziona a patto che tu abbia conservato i libri universitari (e se ce li hai, buona fortuna a trovare quello giusto, io tipo non mi ricordo mai cosa conteneva ognuno nello specifico).

Inoltre, cosa non da poco, la scienza ha il piccolissimo difetto di voler sempre andare avanti.

Per non parlare del fatto che le slide o gli appunti potevano essere sbagliate già ai tempi dell’università e non ce ne siamo mai accorti.

E qui non c’è nulla da fare, bisogna trovare un’altra fonte.

Studiare per conto proprio

Viviamo nell’era di internet, e ci sono un sacco di risorse scientifiche là fuori.

Tra l’altro, internet nel mondo civile si era sviluppato proprio a servizio delle università per agevolare le comunicazioni tra gruppi di ricerca e il meccanismo che restituisce i risultati su Google era un’imitazione del sistema delle citazioni alle ricerche scientifiche.

Per cui studiare da internet è possibile, ma va fatto nel modo giusto (non fidandoci di qualunque cosa leggiamo).

Le cose a cui fare attenzione

Quando leggiamo un articolo su internet che parla di scienza o di salute, la prima cosa da fare è vedere se sono citate le fonti. Ma citare le fonti non basta, e tra poco capiamo meglio il perché.

Se le fonti non sono citate, prendiamo molto con le pinze quello che viene detto.

Se invece vengono citate andiamo a vedere cosa è stato citato: non tutte le ricerche scientifiche sono uguali.

Quando una ricerca è meglio di un’altra?

Non entriamo nel merito per non annoiarci, ma i paper possono avere i seguenti difetti:

  • I dati possono essere falsi;
  • Ci sono evidenti conflitti di interesse (per esempio la ricerca è stata pagata da un’azienda per mettere in bella mostra il proprio prodotto);
  • I campioni statistici non sono grandi a sufficienza;
  • Ci sono evidenti distorsioni cognitive (come i famosi bias di selezione e il survivorship bias);
  • La metodologia statistica usata non è la più adeguata.

Inoltre, quando un gruppo di ricerca fa uno studio su un argomento e scrive un paper, quando deve pubblicarlo inizia a “spammare” le riviste scientifiche specializzate su quell’argomento, nella speranza che venga accettato da una rivista buona.

Le riviste scientifiche, proprio come gli studi scientifici che contengono, possono essere di qualità più o meno alta.

E come si capisce se una rivista è meglio di un’altra?

Ci sono degli indicatori (dei numeri) che servono a confrontare le riviste.

Uno di questi tiene conto di quante citazioni hanno gli articoli pubblicati da una certa rivista e si chiama Impact Factor.

Quando un gruppo di ricerca deve pubblicare un paper, inizia ad inviarlo prima alle riviste più prestigiose con un Impact Factor più alto, poi man mano che vengono rigettati chiedono di essere pubblicati a riviste con Impact Factor più basso (e quindi meno prestigiose).

Se la ricerca fa proprio schifo, alla fine di tutto potrà comunque essere pubblicata da riviste di qualità infima (a volte basta pagare).

Quindi, il semplice fatto che qualcosa sia stato scritto su un articolo scientifico, pubblicato su una rivista scientifica, non vuol dire che vada preso per buono, perché potrebbe rivelarsi comunque una scemenza.

E se leggiamo sui giornali o sentiamo alla radio che “secondo uno studio dell’Università del Minnesota bla bla bla” dovremmo comunque dubitare di ogni singola parola e farci tutte le domande di prima.

Mi stai dicendo che ogni volta che leggo un articolo devo fare tutte queste valutazioni?

No, per fortuna non tocca a noi fare queste valutazioni (però bisogna tenerle in considerazione ogni volta che leggiamo o sentiamo qualcosa).

Non saremmo sufficientemente esperti e non avremmo gli strumenti per farlo, perché solo una piccola parte dei fisioterapisti fa ricerca.

E a chi tocca valutare e giudicare tutti questi aspetti di una ricerca scientifica?

Tocca ad altri ricercatori, che in questo campo sono esperti e hanno gli strumenti per fare queste valutazioni.

Infatti, ogni tanto un ricercatore si sveglia a corto di idee, e siccome per andare avanti deve pubblicare ricerche, decide di analizzare un certo numero di ricerche scientifiche (condotte da altri) su un determinato argomento, sintetizzando e raccogliendo le conclusioni in una cosiddetta “meta-analisi”.

A parte gli scherzi sulla vitaccia da ricercatori, le meta-analisi (se fatte bene) hanno una qualità mediamente più alta (a differenza dei singoli articoli che possono essere vera e propria spazzatura).

Se poi sono pubblicate su riviste con un Impact Factor quantomeno decente, allora sono degne della nostra considerazione.

Le meta-analisi sono quindi una raccolta di studi e sono quelle che interessano a noi, perché:

  • Le valutazioni di prima sono già state fatte da qualcuno in grado di farle;
  • Tendenzialmente hanno una qualità più alta rispetto alla media dei singoli paper e tendenzialmente ci si può fidare di più;
  • Se fatte bene, restituiscono un quadro globale e aggiornato delle evidenze scientifiche su una determinata problematica.

E rileggendo l’ultimo punto: “quadro globale e aggiornato delle evidenze scientifiche su una determinata problematica”.

Hey, ma è quello che si intende con Evidence Based Practice!

La Evidence-Based Practice

Negli ultimi tempi è diventata un po’ una buzzword (cioè quelle parole o locuzioni che a forza di usarle perdono significato) come boomer, blockchain, intelligenza artificiale, e così via.

Nel mondo della fisioterapia se ne parla tanto, e onestamente il fatto che sia una locuzione un po’ abusata secondo me non è un problema.

Voglio dire, in fondo l’alternativa (cioè non seguire linee guida) è molto peggio.

E comunque si corre sempre il rischio di non avere accesso a informazioni di qualità perché:

  • Quasi nessuno conosce come funziona la ricerca e il processo di pubblicazione, quindi è difficile capire quando un paper è okay o è spazzatura (ma dopo aver letto questo articolo avrai un’idea più precisa);
  • Quasi nessuno conosce l’inglese al punto di leggere tranquillamente articoli scientifici;
  • Chi ce l’ha il tempo di cercare, leggere, vedere se sono state citate le fonti, capire se è una meta-analisi o meno, cercare l’Impact Factor della rivista su cui è stato pubblicato il paper, capire in quell’ambito qual è un buon Impact Factor, e così via?

Quindi per questo ci sono fonti più digeribili e veloci che fanno tutto il lavoro per noi, così risparmiamo tempo. Vediamone alcune.

Da dove informarsi?

Sia chiaro, questi sono solo spunti: là fuori ci sono migliaia di libri, siti, canali YouTube validissimi. Anche il materiale che usavi all’università può essere utilizzato tranquillamente (facendo attenzione alle cose che dicevamo prima).

Inoltre, l’ambiente della formazione per fisioterapisti fa molta leva sull’obbligatorietà degli ECM, quindi solitamente le risorse specifiche per i fisioterapisti gratuite prevedono anche piani a pagamento per corsi che rilasciano ECM.

In Italia tra le figure più seguite (e che fa divulgazione/formazione da più tempo) è il fisioterapista romagnolo Filippo Zanella.

Chi è nell’ambiente (magari da qualche anno) sicuramente lo conosce perché è impossibile non imbattersi in una delle sue risorse sui social. Io ho avuto il piacere di frequentare uno dei suoi corsi e di conoscerlo di persona, e a parte che ha mille progetti (tipo un app per permettere ai pazienti di cercare fisioterapisti), spesso mi trovo ad ascoltare il suo podcast su Spotify (c’è anche su Apple podcast) per approfondire qualche argomento.

Quando inizi ad ascoltarlo, ti accorgi che le cose di cui abbiamo parlato oggi vengono considerate e quindi sentirai citare le fonti e sentirai parlare tanto di meta-analisi (che è sicuramente meglio rispetto a non farlo).

A volte vedo contenuti sospettosamente simili su pagine Instagram (anche molto grandi) che parlano di riabilitazione ed Evidence Based Practice, quindi chiaramente molte persone prendono ispirazione dai suoi contenuti.

Come dicevamo prima, le risorse gratuite spesso sono affiancate da piani a pagamento per conseguire ECM. Streamed, oltre ad essere un podcast gratuito, ha anche un piano a pagamento con video-corsi che rilasciano ECM (io ce l’ho, e magari più avanti ne parliamo più approfonditamente).

Comunque, tra podcast Streamed, canale Telegram (dove ogni tanto pubblica dei pdf interessanti), social e newsletter, credo che ci siano così tante risorse e contenuti che bastano per i dubbi di un’intera carriera di un Fisioterapista (e vengono continuamente aggiornati).

Quindi, per qualcuno che si affaccia a questo mondo e si chiede da dove iniziare ad informarsi (magari è all’università e vuole approfondire gli argomenti che studia o ha già iniziato a lavorare e vuole un punto di riferimento), questo secondo me è un ottimo punto di partenza.

Ripeto: ci sono tante altre risorse, ma tra quelle gratuite secondo me qui abbiamo un ottimo livello tra varietà, completezza, sinteticità e attenzione al metodo scientifico. In generale la convenienza è notevole (per esempio: apri Spotify, cerchi l’argomento e ascolti mentre sei in macchina o sui mezzi pubblici).

Altre risorse gratuite ed affidabili

Devi assolutamente essere a conoscenza delle linee guida stilate dal SNLG (il Sistema Nazionale delle Linee Guida dell’Istituto Superiore della Sanità). Anche qui la convenienza è alta perché si trovano tutte in un unico documento in pdf che puoi trovare qui.

C’è anche evidence.it della Fondazione Gimbe, ma a volte è poco specifica per i fisioterapisti.

Anche l’onnipresente my Personal Trainer è poco specifico per i fisioterapisti e molto generalista, ma per una ricerca veloce ogni tanto secondo me è okay (fai sempre attenzione alle cose che dicevamo prima sulle fonti e sulle ricerche scientifiche, soprattutto quando il sito non è dedicato ai professionisti di un certo settore).

Inoltre la newsletter dell’Albo TSRM-PSTRP ogni tanto propone corsi di aggiornamento, anche gratis (quindi tienila d’occhio perché può tornarti utile).

Conclusione

Per oggi è tutto, e spero che questa guida veloce su come muoversi nel mondo dell’informazione scientifica possa tornarti utile e ti aiuti a risparmiare tempo nel tuo lavoro quotidiano e fare colpo sui pazienti (e i medici) con la tua professionalità ed efficienza.

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Grazie per aver letto fin qui!

Leggi anche: Guida agli ECM per fisioterapisti (e che succede se non hai ECM)

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