3 cose che mi hanno sorpreso sui Fisioterapisti della Serie A

3 cose che mi hanno sorpreso sui Fisioterapisti della Serie A

Premessa: non sono una fisioterapista sportiva. E ad essere onesti, neanche poi tanto sportiva.

La mia specializzazione è molto meno appariscente e decisamente meno divertente del calcio (cioè fisioterapia neurocognitiva).

Qui invece si parla di fisioterapisti che fanno parte di un mondo che onestamente non mi appartiene (per quanto non mi dispiaccia il calcio, per lo standard medio che lo stereotipo sulle donne vuole).

Anche se non faccio parte del mondo del calcio, questo sito parla del lavoro del Fisioterapista in tutte le sue sfaccettature.

E siccome fino ad ora ho parlato molto poco della fisioterapia sportiva, credo sia arrivato il momento di dedicare un articolo a questo ruolo - anche perché ci sono state 3 cose che mi hanno davvero sorpreso (in positivo).

Quali?

Scopriamole insieme.

Indice

  1. Logistica e Gerarchia
  2. Apertura mentale sul ruolo della Fisioterapia
  3. L’attenzione alla Prevenzione

1) L’aspetto logistico e la gerarchia

La prima cosa che mi ha sorpreso è l’aspetto logistico che coinvolge i fisioterapisti nel calcio professionistico, e anche quanto sia legato alla gerarchia dei fisioterapisti nella squadra.

Ma che intendo con aspetto logistico?

Intendo tutta una serie di problemi la cui risoluzione è responsabilità del fisioterapista, del tipo:

Quando si va in trasferta, come fai a sapere di quanti barattoli di crema avrai bisogno?

E di quanti rotoli di tape? E quanta carta?

Ci saranno i lettini pronti o dobbiamo arrivare prima per avere il tempo di montarli?

Insomma, tutta una serie di aspetti a cui - se non sei dell’ambito - semplicemente non ci pensi.

Ma prima dicevo che tutte queste problematiche logistiche sono strettamente legate alla gerarchia. Che vuol dire esattamente?

Parlando di gerarchia

Considera questo: nei grandi club europei (ma sicuramente anche mondiali), non c’è un solo fisioterapista.

Quando si è in tanti, inevitabilmente ci si divide i ruoli.

E con che criteri si dividono i ruoli?

Possono essere tanti, ma come succede anche in tanti altri lavori, uno di questi criteri è l’esperienza. E il calcio non fa eccezione.

Quindi l’aspetto logistico, che se vogliamo è qualcosa di delicato (perché lasciare a casa qualcosa di molto importante quando si è a migliaia di km di distanza non è esattamente il massimo), viene affidato a chi è più esperto o comunque che sappia coordinare bene queste attività.

I fisioterapisti più esperti di solito seguono anche la squadra in trasferta, mentre la restante parte dei fisioterapisti resta a casa per gli altri giocatori.

Inoltre il più esperto andrà in campo, insieme al medico.

Oppure no: il medico può anche mancare, ma il fisioterapista non può mancare mai.

Chiaro che non c’è una regola fissa su chi va in campo: essendo i fisioterapisti di un club anch’essi una squadra, decidono loro in base a diversi criteri chi va in campo e chi no. Possono decidere di mandare in campo sempre il più esperto, che spesso coincide con il coordinatore dei fisioterapisti, oppure decidere di andare a rotazione, dividersi in base alla tipologia di competizione (campionato, coppa, ecc.). Insomma, facciamo una semplificazione, ma non c’è una regola precisa su queste dinamiche.

Il fisioterapista più esperto, che tendenzialmente è in campo, non può mai lasciare il campo stesso, tranne in un caso: se un giocatore si infortuna deve seguirlo in ospedale.

Ma anche gli altri fisioterapisti hanno questa sorta di codice d’onore: devono essere l’ombra dei calciatori, non importa se nelle sedi dell’allenamento, in casa, fuori casa o a domicilio.

È proprio un obbligo contrattuale con la società, e quindi inutile dire che gli orari di lavoro sono lunghissimi e che si deve creare un rapporto con i calciatori molto solido.

2) L’apertura mentale sul ruolo del fisioterapista

Che intendo con apertura mentale sul ruolo del fisioterapista?

Come vedremo, la seconda cosa che mi ha stupito sentendo parlare i Fisioterapisti di Serie A è quante cose facciano che di solito non spettano e non competono ad un fisioterapista.

(Oltre a quelle cose che fanno in generale tutti i fisioterapisti, s’intende.)

E tutto ciò parte da una estrema sinergia con le altre figure professionali del mondo del calcio: medici, allenatore, preparatore atletico e nutrizionista.

Con ognuno di questi il ruolo del fisioterapista prende in prestito nozioni e compiti, le scambia come fossero figurine, controlla che le cose vengano fatte per bene, sembra perdere la sua identità per poi riacquistarla più forte di prima.

Tutto bello, ma in che modo esattamente?

Vediamolo nel dettaglio.

Preparatore Atletico e Preparatore dei Portieri

Con il preparatore atletico/dei portieri bisogna in ogni momento comunicare e scambiarsi più informazioni possibile sullo stato di ogni calciatore, per esempio per evitare che un giocatore alleni troppo una parte che dovrebbe riposare.

Se qualcuno è rientrato da un infortunio, il fisioterapista calcola più o meno quanti minuti può allenarsi e quindi accertarsi che le tempistiche vengano rispettate.

Come dicevamo prima, i fisioterapisti in una squadra sono più di uno. Per esempio, nel Milan fino a qualche tempo fa erano in 8.

Essere in tanti aiuta ad avere più punti di vista sulla stessa problematica, e quindi potenzialmente a ridurre i rischi.

Ognuno di loro deve seguire e tenere a mente tutte le situazioni di molti giocatori alla volta, sia della prima squadra che del resto della rosa (e in Italia, la FIGC ha stabilito che in Serie A le squadre devono presentare una rosa composta al massimo da 25 calciatori).

Quindi, pensa che lavoraccio dover tenere a mente lo stato fisico di tanti calciatori, creare tante linee guida personalizzate per gli allenamenti e assicurarti che vengano rispettate - tutti contemporaneamente.

Allenatore

Con l’allenatore - che ha interesse a vincere le partite mettendo insieme tutti i pezzi migliori della squadra - a volte bisogna essere un po’ duri se vuole far giocare qualcuno che non dovrebbe (solito dilemma: meglio un uovo oggi o una gallina domani? Magari farlo giocare nella partita di domani ha vantaggi nel breve termine, ma danneggia il giocatore e quindi i risultati della squadra nel lungo periodo).

D’altro canto, c’è un forte legame di stima reciproca: in fondo l’allenatore ha pur sempre estremo bisogno di qualcuno che si prenda cura dei suoi giocatori.

Nutrizionista

Il nutrizionista ha un ruolo estremamente cruciale, ma solitamente non segue i giocatori in campo (e non avrebbe neanche senso farlo, visto che in partita non mangiano).

Quindi è compito del fisioterapista accertarsi che tutti bevano per idratarsi e reintegrare i sali (nelle quantità giuste per ognuno, perché ad alcuni giocatori possono dar fastidio a livello digestivo durante il gioco), che ci siano le barrette se qualche giocatore ha fame, che dopo la partita si mangi correttamente.

L’idratazione inoltre aiuta per l’elasticità dei tessuti, e - inutile dirlo - a prevenire gli infortuni.

Da alcune interviste è emerso inoltre che i fisioterapisti si accertano che i giocatori mangino post partita una certa quantità di carboidrati (concordata proprio con il nutrizionista), sia per il recupero muscolare, che per conciliare il sonno (perché i carboidrati fanno venire sonno - ecco perché ti viene tutto quel sonno dopo il pranzo di Natale).

Infatti, dopo 90 minuti di partita, l’adrenalina è a palla e i giocatori rischiano di non dormire, e meno si dorme più è lento il recupero muscolare.

E trovo tutto ciò parecchio affascinante.

3) L’attenzione alla Prevenzione

La prevenzione in generale viene fatta stilando e facendo applicare dei Protocolli di Prevenzione, che possono essere generici (quindi per tutta la squadra) e specifici (per singoli giocatori, come dicevamo qualche paragrafo fa).

Chiaramente i Fisioterapisti in Serie A non fanno solo prevenzione.

Se vogliamo riassumere in un elenco cosa fa un Fisioterapista in Serie A:

  • Prevenzione degli Infortuni - e cioè l’argomento che approfondiamo ora;
  • Trattamento in Acuto - cioè il trattamento subito dopo che qualcuno si fa male;
  • Riabilitazione - quando passa la fase acuta, per recuperare le funzioni compromesse;
  • Miglioramento delle Performance - senza strafare altrimenti ci si infortuna, ovviamente.

Ma perché tutta quest’attenzione al discorso prevenzione mi ha sorpreso?

Principalmente per due motivi:

  • Da fisioterapista “classica” (passami il termine) in uno studio ti ritrovi praticamente solo pazienti già a danno fatto, quasi esclusivamente nella fase di riabilitazione. La prevenzione la fai alla fine del ciclo riabilitativo, sempre che il paziente non scappi prima. Invece un fisioterapista in Serie A fa tantissima prevenzione perché un calciatore che si fa male costa centinaia di migliaia di euro alle società calcistiche, e quindi si investe tantissimo nella riduzione del rischio infortuni;
  • La frequenza delle partite negli ultimi anni è aumentata tantissimo. Questo implica più infortuni, e per quello che ci siamo detti poco fa, una maggiore attenzione al carico e al recupero tra una partita e l’altra perché ci sono forti interessi economici in ballo.

Conclusione

Il ruolo del fisioterapista nel contesto del calcio professionistico assume confini molto sfumati: dall’attenzione alla nutrizione, all’inversione tra prevenzione e cura, al dover curare gli aspetti logistici che vanno al di là della responsabilità della coordinazione di un team.

Per non parlare di tutto il supporto psicologico che bisogna dare a chi si fa male: rassicurazioni, tabella di marcia sulla riabilitazione, inventarsi soluzioni efficaci che funzionino subito - perché si è pur sempre fisioterapisti.

Tutto ciò secondo me è parecchio affascinante, ma non è sicuramente per tutti: facendo un’enorme generalizzazione c’è una separazione molto netta tra le squadre maschili e quelle femminili. I fisioterapisti delle squadre maschili sono praticamente tutti maschi e viceversa nelle squadre femminili (anche se ovviamente ci sono le eccezioni).

Inoltre, non è un lavoro affatto semplice: tantissime responsabilità, orari lunghissimi, tante cose che normalmente non sono di competenza di un fisioterapista.

Se vuoi una famiglia e una vita tranquilla sicuramente non è il lavoro ideale, ma se il calcio ti scorre nelle vene è forse il sogno più alto dopo quello di diventare calciatore professionista.

Comunque, se ti interessano le sfaccettature più strane del lavoro del fisioterapista, potrebbe interessarti anche tutti i modi con cui i Fisioterapisti possono salvare il mondo, immaginati dagli studenti di Fisioterapia del primo anno in Norvegia.

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