Oggi vediamo un po’ cosa ci si aspetta sul futuro della professione: potrebbe tornare utile a chi sta decidendo cosa fare nei prossimi anni.
Nella storia recente della fisioterapia in Italia mi vengono in mente due eventi che hanno fatto da spartiacque: l’istituzione della Laurea prima e dell’Albo poi.
Quando mi sono laureata ricordo che c’era nell’aria l’istituzione dell’Albo, arrivata effettivamente di lì a poco, e non capivamo bene quali implicazioni potesse avere.
Ricordo che quando facevo l’Università dell’Albo se ne parlava tanto e se ne discuteva tanto, le richieste di nuove leggi andavano avanti da oltre 12 anni e anche quando arrivò la legge nel 2017 ci volle ancora del tempo prima di venire effettivamente istituito.
Non ho dubbi che la stessa sensazione è stata provata da chi ci ha preceduto con l’istituzione del Corso di Laurea, che oggi prendiamo un po’ per scontata.
Quindi in questo articolo ci chiediamo: oggi si prendono per scontate quelle che sono state due rivoluzioni (almeno nella percezione di chi ha desiderato e vissuto il cambiamento), ma quali altri eventi di questa portata possiamo aspettarci in futuro?
Tutte le cose che vedremo tra poco non sono poi così tanto aleatorie, ma sono più concrete di quello che sembrano.
Sono frutti di due Disegni di Legge (DDL) firmati da una donna (e credo che la settimana della Giornata Internazionale della Donna sia un buon momento per ricordarlo), la Senatrice Boldrini.
I due DDL sono già in esame al Parlamento. Non è garantito che diventino legge, però significa che qualcosa si sta muovendo in quella direzione.
Per capire di cosa si tratta, facciamo un paragone col medico di base.
In sostanza l’istituzione di questa figura permetterebbe ai cittadini di avere un punto di riferimento per la riabilitazione nella propria comunità. Proprio come ogni comunità ha i propri medici di base e le guardie mediche per l’assistenza sanitaria di base.
Quindi questa figura, avendo carattere territoriale (perché deve servire una specifica comunità, appunto) è dipendente dell’ASL che, ricordiamolo, sono divise territorialmente per distretti.
Perché prima di tutto c’è una sorta di riconoscimento istituzionale dell’importanza della fisioterapia, professione che fino a poco tempo fa non aveva neanche un Albo, e ora invece inizia ad assumere tratti simili alla figura del medico di famiglia.
Per chi vuole fare il fisioterapista invece vuol dire che ci saranno più sbocchi lavorativi nel settore pubblico.
Se la proposta diventerà realtà, per diventare fisioterapisti di famiglia bisognerà passare un concorso al quale si accede avendo almeno 3 anni di esperienza, integrabile anche con formazione post laurea.
Quest’ultima immagino significhi che se si hanno meno di 3 anni di esperienza, si può compensare con la laurea magistrale o un master, ma non è ancora nulla di certo.
Questo e il prossimo punto rientrano all’interno di un altro DDL Boldrini.
Ma non ho capito, permesso all’intracosa?
Anche per capire questo, forse è il caso di fare un paragone con i medici.
I medici dipendenti di un Ospedale possono lavorare in tre modi:
A livello monetario/fiscale, il compenso da dipendente pubblico viene ricevuto con lo stipendio, il compenso della libera professione invece con la fatturazione direttamente ai pazienti privati e quindi tramite la Partita IVA.
Intramoenia ed extramoenia (si leggono in latino intra menia ed extra menia) significano rispettivamente “all’interno delle mura” e “all’esterno delle mura”.
Un medico può scegliere di svolgere il suo lavoro solo come dipendente pubblico, oppure associare al lavoro in ospedale le visite private (quelle che per intenderci prenotiamo quando non vogliamo aspettare i tempi biblici della mutua).
Nei due modi coi nomi strani, che ora saranno più chiari:
Questo possiamo dirlo anche in altre parole, cioè che per i medici non c’è incompatibilità tra lavoro dipendente e libera professione.
Questa introduzione perché per le professioni sanitarie è diverso: il lavoro da dipendente pubblico e la libera professione sono incompatibili.
In realtà per i Fisioterapisti so che c’è un’eccezione (non so se c’è anche per le altre professioni sanitarie).
Infatti se un Fisioterapista - dipendente pubblico - volesse aprire la Partita IVA e lavorare anche privatamente (ovviamente dopo la fine del proprio turno) può farlo solo se si verificano contemporaneamente le seguenti condizioni:
- Il contratto con l’ASL o l’Ospedale è Part-Time;
- La dirigenza dell’ASL/Ospedale rilascia un nulla osta (e da quello che so - non ho esperienza diretta - non è affatto semplice).
Avrai capito quindi dove voglio arrivare, e cioè che il DDL Boldrin propone per i professionisti sanitari dipendenti pubblici il diritto di aprire Partita IVA e fare intramoenia senza particolari limitazioni. Nello specifico il DDL vuole, cito testualmente:
“Garantire ai Professionisti Sanitari il diritto ad esercitare l’attività intramoenia, non sussistendo più alcuna motivazione che giustifichi la loro discriminazione. L’intramoenia non è il «male assoluto» bensì, se ben organizzato e gestito, come in Emilia-Romagna, una risorsa per il sistema, i cittadini e gli operatori.”
Quindi, per i fisioterapisti, la vera novità è che ci si avvicina sempre di più alla compatibilità tra libera professione e dipendente pubblico, come per i medici.
Quindi, l’intramoenia sembra essere più vicina. Per l’extramoenia invece, sembra che continueranno ad esserci le limitazioni di cui abbiamo parlato prima (bisogna ottenere l’autorizzazione dell’Azienda Sanitaria Locale, e da quello che so non è affatto facile).
Le specializzazioni della fisioterapia sono tante, come ho cercato di raccontare in questo articolo.
In più la scienza va avanti, e c’è il rischio che i percorsi formativi non riescano a stare al passo.
Individuato questo limite, sempre il DDL Boldrini (lo stesso del punto 2) propone come soluzione quello di aggiornare i Corsi di Laurea Magistrale delle Professioni Sanitarie.
Quando ero all’Università e tra colleghi si parlava di cosa fare dopo la laurea, era opinione diffusa non proseguire con gli studi perché “per trovare lavoro basta la triennale, invece la magistrale può essere utile per fare i coordinatori o insegnare all’Università”.
Altra particolarità: per insegnare all’Università di solito bisogna avere un Dottorato di Ricerca e passare un concorso pubblico.
Tranne a Professioni Sanitarie, dove molti professori sono professionisti con la Magistrale (non tutti, gli altri di solito sono medici e hanno il dottorato).
Lo dico anche per rimarcare quello che dicevamo in questo articolo, cioè che le Professioni Sanitarie sono meno teoriche e più pratiche della media nel panorama universitario italiano.
A quanto pare la cosa è diffusa anche per le altre professioni sanitarie, al punto che il Senato ha ricevuto il DDL con la proposta di riformare le Lauree Magistrali nelle Professioni Sanitarie.
Non è ancora chiaro dove porterà in particolare per i fisioterapisti, la proposta è piuttosto generica e ha intenzione di rivedere i percorsi formativi:
“prevedendo indirizzi propriamente professionali specialistici nella laurea magistrale e non solo gestionali e didattici.”
Quindi, ci chiediamo: le Magistrali in Fisioterapia diventeranno meno “manageriali” e più “tecniche”? Oppure ci sarà una divisione tra magistrali per chi vuole specializzarsi ancora di più nei rami della fisioterapia e magistrali per chi vuole coordinare?
In ogni caso, ci sarà un’evoluzione del mondo formativo per i fisioterapisti anche al di fuori del contesto accademico: molti corsi che oggi si fanno privatamente dopo la laurea potranno entrare a far parte delle lauree magistrali.
Comunque, ora è decisamente presto per trarre conclusioni su questo punto, in quanto il DDL rimanda al MIUR la modernizzazione, processo che potrebbe richiedere tempi lunghi. Gli effetti saranno visibili realisticamente nel corso dei prossimi anni.
Il Sistema Sanitario Nazionale si sta riorganizzando: si cerca sempre di contenerne i costi, i medici sono sempre meno e con l’invecchiamento della popolazione bisogna prendere misure adeguate.
Tutti questi fattori sono collegati, e se si può trovare una soluzione che li risolva almeno in parte è nell’interesse dello Stato e di tutta la collettività fare qualcosa.
Se permettere l’intramoenia ai professionisti sanitari o istituire il fisioterapista di famiglia permetterà davvero di ridurre costi per lo Stato e garantire (o addirittura migliorare) il livello delle cure ai cittadini, allora saranno soluzioni portate avanti - e i cambiamenti che ora ci sembrano epocali diventeranno la nuova normalità.
Se posso consigliarti un altro articolo sul tema, dai una lettura a questo.
Per il momento è tutto, ti ringrazio per aver letto fino a qui e spero che in qualche modo questo articolo possa tornarti utile.
A presto!
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