Il più grande problema di chi inizia | Come non perdere i pazienti a metà del piano terapeutico

Il più grande problema di chi inizia | Come non perdere i pazienti a metà del piano terapeutico

Oggi vediamo un’argomento che forse è stata una delle scoperte involontarie più importanti che mi siano capitate nella mia carriera da fisioterapista in libera professione.

Introduzione

Fare i fisioterapisti ovviamente è un lavoro.

Un lavoro che implica aiutare le persone a recuperare la qualità della vita persa e che dà parecchie soddisfazioni, soprattutto rispetto ad altre carriere.

Però oggi non parliamo di soddisfazione e di quanto è bello aiutare le persone (cosa che è prerogativa di altre attività, tipo il volontariato), ma saremo più prosaici parlando di lavoro e di soldi, che agli inizi di qualsiasi carriera sono sempre pochi o niente.

Prendo per scontato che tu abbia la Partita IVA o comunque l’intenzione di aprirne una, e prima di metterti in proprio stai cercando di realizzare un piano per far andare tutto liscio nei limiti del possibile.

Non ci sono particolari segreti su come guadagna un fisioterapista: scambia il proprio tempo per soldi.

Quindi per guadagnare di più, o lavoriamo per più tempo (privandoci di tutto il bello che la vita ci offre) o aumentiamo le tariffe (privando i pazienti dei soldi guadagnati tanto duramente).

Un modo per aumentare l’efficienza è quello di far pagare meno singolarmente i pazienti ma trattarli in gruppo, per esempio nei gruppi di riabilitazione posturale. ma magari siamo specializzati in qualcos’altro di più “lento” (tipo neurocognitiva).

Il problema è che all’inizio si fa molta fatica a trovare pazienti e soprattutto a convincerli a portare a termine tutto il piano terapeutico.

Invece l’efficienza si va ad aumentare più avanti, non è un problema di cui preoccuparsi quando si è all’inizio.

Quindi, per oggi lasciamo perdere l’efficienza e concentriamoci sui problemi che si hanno all’inizio:

  • Come trovare pazienti;
  • Non perdere i pazienti a metà ciclo.

Siccome di come trovare pazienti ne abbiamo già parlato, oggi vediamo come assicurarci che una volta trovati, i pazienti portino a termine il piano terapeutico e non ci lascino prima.

Il problema: i pazienti che non terminano il ciclo

All’inizio pensavo che il problema più grande che avrei affrontato sarebbe stato quello di trovare nuovi pazienti.

Quando inizi non ti conosce nessuno, nessuno sa chi sei, come fanno ad affidarsi a te?

Però cercare nuovi pazienti, più che essere un problema di complicata risoluzione, è stato solo un processo che ha richiesto molta pazienza.

Un problema più complicato in cui mi sono imbattuta è stato proprio quello di non far fermare i pazienti nel bel mezzo del ciclo.

Chiaro, questo problema non accadeva con tutti, ma accadeva fin troppo spesso (e ora avendo capito come mai non accade più, quindi se ti capita spesso continua pure a leggere).

Per capire meglio facciamo un esempio.

Per una determinata problematica fai una stima e per esempio ritieni che per vedere risultati con un determinato paziente ci vorranno dieci sedute.

Ora, nonostante col paziente ne parli e lui/lei comprende e accetta la previsione, a seconda dei casi succede che:

  • O la riabilitazione va meglio del previsto e il paziente abbandona prima - tipo al quinto trattamento - perché si sentiva meglio (magari saltando gli esercizi di rinforzo per la prevenzione delle ricadute);
  • Oppure interrompe alla quinta terapia per perdita di motivazione.

Nel primo caso gasatissima perché il lavoro è andato bene e il paziente è contento (anche se è nel suo interesse portare a termine il ciclo), nel secondo la sindrome dell’impostore che avanza e metti in dubbio tutte le tue capacità.

Solo mesi dopo ho scoperto che il problema non è l’assenza di capacità o di fortuna con alcuni pazienti e sfortuna con altri.

Piuttosto era un problema di… economia comportamentale.

Ora, quest’affermazione sembrerà davvero strana, ma facciamo un passo indietro per capire meglio il problema e di come, per caso, si è risolto con la teoria della spinta gentile.

Come ero arrivata a quel punto

Prima di mettermi in proprio avevo lavorato in una cooperativa che mi affidava sia domiciliari che ore in reparto in una RSA a Milano e poi in un Ambulatorio convenzionato con l’ASL dopo aver lasciato Milano.

Questo problema non era mai capitato: quando i pazienti iniziavano il ciclo, lo portavano a termine. E grazie, pensavo: non pagano quindi lo fanno fino alla fine.

Certo, ma mi mancava un pezzo, e me ne accorgo solo ora col senno di poi.

In pratica, quando ho iniziato a lavorare come autonoma, avevo paura di non essere pagata (c’era il covid, aperture, chiusure, insomma il caos).

Questa paura mi portava a farmi pagare dai pazienti volta per volta.

Invece, i cicli dell’ASL erano a pacchetto.

Tra l’altro (a ripensarci sorrido) siccome per le fatture con importi sopra ad €77,47 si paga la marca da bollo, cercavo sempre di evitare questa ulteriore spesa.

Infine, siccome per spese più consistenti la gente tende ad utilizzare la carta (voglio dire, non tutti girano sempre con €200 in tasca… spero), il mio dividere il guadagno in somme più piccole mi portava a credere di risparmiare sulle spese del POS. E col senno di poi, visto che i pazienti possono scaricare le spese del fisioterapista solo con i pagamenti tracciati, mi accorgo che non stavo offrendo un gran servizio. Ma va così, sbagliando si impara.

Quindi ero convinta che il pagamento effettuato volta per volta mi aiutava:

  • Ad essere sicura di essere pagata;
  • A risparmiare.

Peccato che emettere fatture più di frequente fosse una enorme perdita di tempo (e quindi di soldi), e che essere pagata volta per volta era la causa principale del fatto che molti pazienti interrompevano a metà i piani terapeutici.

La soluzione: i pacchetti

Io li chiamo “pacchetti”, i più smart li chiameranno “bundle”, i più tradizionalisti “ciclo”.

Insomma, al posto di sbagliare come me e farti pagare volta per volta ti consiglio di farti pagare tutt’insieme, magari offrendo uno sconto per il pagamento anticipato.

E stranamente… funziona!

Cioè, io ho iniziato a farlo in modo totalmente casuale, pensando “vabbè che ho da perdere, proviamoci” (complice il fatto che con l’esperienza e con un po’ di pazienti in più stavo pian piano perdendo le insicurezze di cui parlavo prima).

Quali sono i benefici?

Da allora questo problema dell’abbandono mi capita ad occhio e croce una volta ogni 15/20 pazienti, mentre prima credo capitasse un paziente si e uno no.

Anche se offro uno sconto (di solito il 20%) per chi paga in un’unica soluzione, e quindi apparentemente ci guadagno meno, il fatto che il paziente arriva fino alla fine del ciclo fa tutta la differenza e più che compensa i soldi persi per il piano terapeutico interrotto.

Il paziente si sente più seguito, ha un preciso obiettivo da raggiungere e una scaletta da seguire, vede risultati più consistenti e paga meno perchè riceve uno sconto.

Tu hai più tempo:

  • Per raggiungere i risultati riabilitativi - e quindi fa bene al tuo paziente e alla tua autostima;
  • Per trovare altri pazienti - perché se i cicli sono molto brevi devi trovarne di nuovi di continuo, rendendo l’esperienza molto frustrante;
  • Per organizzare l’agenda - pazienti nuovi implicano nuove esigenze, mentre quando trovi il ritmo con un paziente già abituato l’organizzazione è più semplice;
  • Riducendo il lavoro di fatturazione - tempo che puoi spendere in modo produttivo trattando altri pazienti o riposandoti (ricorda, è molto produttivo anche il riposo).

Quanto deve durare il ciclo?

Questa è una valutazione che si impara a fare in modo preciso con l’esperienza, però in generale la stragrande maggioranza delle terapie che faccio io richiedono dalle 10 alle 15 sedute per ottenere risultati tangibili.

Quindi se devi proporre un piano terapeutico ad un paziente, partire con un ciclo 10/12 terapie è una buona approssimazione, ma dipende tanto anche da quello in cui sei specializzata/o (magari se sei all’inizio e non ti senti specializzato in niente, tranquillo che è normale).

Se il tema ti interessa, scopri i 3 errori che un fisioterapista non deve fare a livello di marketing.

Ma che c’entra l’economia comportamentale?

In pratica è come per l’abbonamento in palestra.

C’è chi inizia in palestra e non si vuole vincolare perché non sa se avrà il tempo di andarci e ha paura di pagare a vuoto, quindi paga il mensile.

Altre persone invece pagano l’annuale così si sentono costrette ad andarci e non hanno scuse.

Accade la stessa identica cosa per i pazienti quando si approcciano ai tuoi servizi.

Se gli dai la possibilità di non vincolarsi perché hai paura che si sentano legati e vadano da un’altro fisioterapista che gli dia più flessibilità… è probabile che lo facciano.

Le persone non vanno dal fisioterapista per richiedere flessibilità.

Le persone vanno dal fisioterapista perché cercano una figura che deve fornire sicurezza, che deve guidarli in un momento difficile della loro vita, e guidarli significa dar loro la mappa di un percorso da seguire con precise tappe (tante quante sono i trattamenti del ciclo).

Capire questo è importantissimo, e dare una “spintarella gentile” ai pazienti in questa direzione è nel loro interesse, perchè un ciclo di due settimane portato a termine per bene può fare davvero la differenza nella qualità della vita del paziente per mesi o addirittura anni.

Conclusione

Spero che questo articolo ti possa tornare utile nel gestire la tua nuova (o la tua prossima) attività da fisioterapista nel migliore dei modi.

Se posso consigliarti un altro articolo, non perderti i concetti base di come funziona la Partita IVA, se stai iniziando potrà sicuramente farti comodo.

Grazie mille per aver letto fin qui, a presto!

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